2022

Un abbraccio, mi viene da dire questo: tutto ciò che costruiamo è destinato ad essere distrutto, ma quello che non può essere distrutto è l’unica cosa importante che ci permette di costruire nuove strutture molto più evolute, che verranno demolite prima o poi a loro volta (e così via). Quello che evolve quindi non è ciò che si manifesta in positivo, ma ciò che tramite la manifestazione totale annulla tutte le controparti in vista di sé stesso, collezionando il consenso e il dissenso, l’egoismo e l’altruismo, il disprezzo e l’amore, per rovesciarsi poi in architettura e in ingegneria che oltrepassano e rendono obsoleta la stessa semantica di queste due ultime parole. Cos’è quindi che, al di là delle cose, non può essere annichilito, se non ciò che alla fine non teme la distruzione, ma anzi la desidera? Oggi e domani noi possiamo raccontare, ma solo dopodomani avremo letto abbastanza da raccogliere le tracce dello stato di coscienza umano a noi contemporaneo, e ora possiamo comunque già intuire e presagire che sotto al velo di ghiaccio si nasconde un cuore che può sciogliere pure Plutone, e intende fare qualcosa di paragonabile a questo, in potenza. Che il secondo atto dunque abbia inizio, the show must go on. Nessuno che non voglia fare veramente del male si farà del male.

Siamo soli, siamo uno.

LO SCENARIO PEGGIORE, CONSEGUENZA LOGICA A PARTIRE DAL DOGMA DEL VIRUS E DEL CONTAGIO

Prendiamo l’asserzione “la mia libertà finisce dove comincia quella altrui”. Applichiamo a questo precetto la sussunzione della convinzione riguardo un virus altamente contagioso e pericoloso per la vita umana (in tutto il pianeta), e noteremo come si trasformerà nel seguente argomento: “per estinguere il contagio e quindi il virus, bisogna estinguere i contagiosi. Se i contagiosi sono i “positivi”, bisognerà isolarli, e se fosse impossibile isolarli o isolarli tutti, diverrebbe lecito eliminarli in quanto potenziali killer indiretti tramite contagio.” Onde evitare all’intera specie una minaccia considerata, o fatta passare per letale, ecco quindi nascere la giustificazione morale (che gode di una certa validità, almeno dal punto di vista teorico) del sacrificio di parte della specie umana (anche gran parte di essa). Inviterei a riflettere sull’importanza del rifiuto di ogni dogma a prescindere dalla sua provenienza, perché ogni dittatura radica le sue fondamenta proprio sui dogmi.

Dopo il fallimento delle dittature totalitarie basate sul mito del mito stesso, sul mito religioso, sul mito della supremazia di una razza o di una nazione sulle altre, e similari altri miti, mancava ancora all’appello il fallimento del totalitarismo costruito sul mito scientifico. Quando cadrà anche quest’ultimo, si spera che anche l’uomo comune prenderà consapevolezza del fatto che non esistono verità assolute, sebbene vi siano dei principi universali. La matematica e la statistica rimangono strumenti umani, astratti, utilizzabili per scopi precisi e anch’essi limitati ai limiti medesimi della specie umana, ma sono sempre incapaci di descrivere effettivamente la natura e i suoi fenomeni, perché la natura non è matematica. Le leggi della fisica non descrivono i fenomeni fisici della natura, semmai avviene l’esatto opposto. 2+2=4 solo nella mente, non esisterà mai in alcun processo del mondo reale. Le leggi della fisica come disciplina di ricerca sono sbagliate, inesatte, perché solo approssimative e interpretative rispetto all’imperscrutabilità delle dinamiche degli enti. L’edificio teorico e sperimentale su cui la comunità scientifica trae le sue conclusioni e arriva oggi a costituire la giustificazione di biopolitiche autoritarie e apparentemente indiscutibili sul mondo intero, è tremendamente precario e necessiterà sempre di ristrutturazioni, finché un giorno, come tutti gli edifici, sarà demolito per far spazio a nuove forme di architettura e ingegneria che seguiranno a loro volta cicli con destino simile alle precedenti strutture e sovrastrutture. Pertanto esso non può oggi, e non potrà mai, costituire la culla di sicurezza o certezza alcuna, per nessuno, e rappresenterà un potere come un altro, che dovrà sempre essere bilanciato e integrato con tutti gli altri poteri, ma in particolare inferiore a quello del diritto naturale, quindi sottostante e non direttivo dei tre poteri politici legislativo, giudiziario ed esecutivo (reciprocamente equilibrati nella forza): è infatti la politica a dirigere la comunità scientifica e la tecnica, non il contrario. Urgerebbe dunque anche una modifica di carattere linguistico, dal momento che la parola “scienza” è del tutto fuorviante, nella misura in cui le verità della logica matematica sono tautologie esclusivamente nel campo astratto e inesistente della teoria, sebbene trovino poi applicazioni di indubbia utilità nel mondo reale. Quindi, servendoci proprio della logica matematica e dandole misuratamente il posto che merita, possiamo asserire che la “scienza” è un sottoinsieme del sapere, o meglio della sapienza (σόφια), per quanto la “scienza” possa infatti risultare dalla collaborazione annosa di miliardi di individui in un tempo x anche infinito, o pure dalla più sofisticata e precisa macchina di calcolo o insiemi di macchine e dall’elaborazione successiva dei dati calcolati, comparati in maniera eccellentemente precisa, e via dicendo, il metodo scientifico e qualsivoglia suo risultato non contiene il sapere, ma è contenuto dal sapere, che non è a portata di mano e “di mente” di nessun gruppo umano o anche trans-umano, indipendentemente dal suo progresso collettivo come società e come potenza tecnologica e culturale. Sapere che 2+2=4 allora non è un sapere, ma bisogna chiamare i fatti col loro vero nome. Le discipline “scientifiche” come la chimica (che segue e si basa sulla fisica), e la biologia (che segue e si basa sulla chimica), fino alla medicina (che segue e si basa sulla biologia) non sono scienze, e le ultime due o tre non sono neanche “scienze molli”, come qualcuno ha giustamente provato a definirle, ridimensionandone la semantica, in maniera senz’altro meno inappropriata rispetto alla definizione comunemente accettata e usata. Di cosa si tratta quindi? Sono arti, non diverse e non meno o più dignitose o valide rispetto a qualsiasi arte umanistica, sono delle tecniche, che divengono poi strumenti tecnici sia teorici sia pratici, ma la teoria stessa di cui sono esse costituite è uno strumento non molto dissimile da, ad esempio, un microscopio, o da un occhio umano, e in definitiva dallo stesso cervello dell’uomo, sebbene questi ultimi due strumenti appartengano alla generazione della φύσις, e quindi non sono prodotti, costruzioni artificiali. Ciò che oggi definiamo come fossero due cose distinte, “scienza e tecnica”, sono in realtà semanticamente equivalenti, e andrebbero dette “tecnica” entrambe.

La tecnica non arriverà mai a poter giustificare azioni solo sulla base di sé stessa. Τέχνη non è un criterio di verità. Neanche la scoperta “scientifica” consegna alla tecnica autoreferenzialità, qualsiasi sia la scoperta. Ogni scoperta non è affatto “scientifica”, ogni scoperta è solo una “scoperta tecnica”. La tecnica è serva dell’etica, e se esiste una “scienza” e un nome appropriato per indicarla, allora questo sarebbe “filosofia”, dal momento che nella stessa parola “filosofia” viene specificata, socraticamente, l’impossibilità di essere dei sapienti (sofici, o sofisti), ma solo degli “amici del sapere”, sapere che appunto contiene (e neanche lontanamente coincide con) l’umanità e ogni sua possibile indagine indipendentemente dalla capacità di sofisticatezza di queste ultime. La tecnica deve fare riferimento all’etica, l’etica non deve fare riferimento a niente e a nessuno, se non a sé stessa, perché risultante dall’arte di amare che concilia e bilancia ogni potere mai esistito e mai esistibile. Il bene ha in sé stesso il suo fine, τέχνη ha in sé stessa il proprio mezzo, visto che essa stessa è un mezzo da porre al servizio del bene, e nient’altro. Non esiste infine un criterio rigoroso, meccanico che possa misurare e delineare l’etica, né questa si esercita mai meccanicamente. Esiste semmai la capacità innata dell’etica di applicarsi a ogni caso unico e a ogni circostanza particolare, che è irriducibile a datità quantitativa.

Solo la saggezza, e quindi anche la prudenza di chi è davvero filosofo (sottinteso che l’insieme dei filosofi non coincide mica con quello dei laureati in filosofia) è depositaria del bene disinteressato, e proprio in questo senso la giurisprudenza è arte insostituibile con ad esempio l’arte (tecnica) dell’intelligenza artificiale, né da qualsiasi altra autorità rappresentante del campo “scientifico” che abbiamo detto meritare solo il nome di campo “tecnico”, che si tratti di tecnica biologica, medica, virologica, ecc.

L’etica non ha bisogno di un metodo, nemmeno del metodo “scientifico”, per validare sé stessa. L’etica è il metodo.

Non esistono sapienti, esistono tuttavia i saggi, che sono i migliori amici della sapienza.

POST SCRIPTUM

chiarisco inoltre che per me una sola vita umana non sarebbe sacrificabile per l’eventuale salvezza di una maggioranza o di un’intera specie, perché il valore di un individuo è sacro, non è quantificabile, però questa è un’idea che potrebbe non essere condivisa dagli altri in una situazione ipotetica come quella da me descritta all’inizio del testo, sono situazioni molto particolari che pongono questioni etiche delicate, e chi si trova poi a prendere una scelta solitamente sceglie il “male minore”. La mia intenzione era quella di amplificare ciò che d’altronde stiamo oggi vivendo all’estrema possibilità, e far notare che quando la scienza diviene dogmatica degenera (molto facilmente e molto probabilmente) in pretesto pericolosissimo per abusi non solo gravissimi come quelli che stiamo vedendo oggi, ma ancora più gravi. Una scienza dogmatica, infondo, hai ragione, non è più scienza ma è truffa. Anche io credo profondamente in una certa corrispondenza tra metodo scientifico e sue scoperte e osservazioni con l’andamento dei fenomeni naturali, però quello che voglio sottolineare è che questa corrispondenza non è mai esatta, né perfetta, ma solo approssimativa. Un esempio: le leggi di gravità di Newton valgono e “funzionano” per scopi prefissi nei sistemi macroscopici, mentre smettono di valere nei sistemi microscopici, dove invece valgono le leggi della meccanica quantistica ( Plank). Per quanto possiamo contemplare l’esattezza del calcolo matematico, tutti i teoremi e le definizioni che possiamo con esso costruire, rimane un mondo astratto che può avere applicazioni nella fisica e nella chimica e via dicendo, ma non descrive il mondo, nel senso che il mondo che si presenta come coerente e regolare in particolari fenomeni o anche nella loro totalità, e quindi indagabile, osservabile e quindi in parte spiegabile in termini scientifici, rimane sempre cosa altra e indipendente, indescrivibile e irriducibile. La fiducia nella scienza oggi paradossalmente è scaduta in un conformistico fideismo e nella delega di responsabilità individuali al principio di autorità, che in realtà è proprio l’esatto contrario della vera scienza, la quale non è mai assoluta, ma continuamente critica verso sé stessa, e non diviene mai politica. Nella maggior parte dei casi ormai si utilizza invece la scienza come pretesto per l’imposizione di comportamenti e stili di vita giustificandoli perché fondati sulla “verità” e sulla evidenza scientifica incontestabile… É innegabile che questo lo si fa riferendosi a risultati ch provengono dall’edificio di cui trattavo, l’edificio della comunità scientifica attuale, e le sue indicazioni, qualcosa che appare come un’entità indipendente da qualsiasi figura individuale e quindi oggettivamente vera e affidabile perché rigorosa nei suoi procedimenti e senza conflitto di interesse (e qui io rido a crepapelle) capace di zittire e far passare come vecchi rincitrulliti anche tutti i premi nobel che osano contrariare le sue “linee guida”. Questa difettosità dell’indagine scientifica dei fenomeni cresce esponenzialmente quando si passa dalla fisica alla chimica e dalla chimica alla biologia e dalla biologia alla medicina, perché la complessità aumenta enormemente, ovvero le variabili in gioco sono troppe per poter mai determinare con esattezza catene di cause ed effetti isolate, ma tutto è insieme multifattoriale di cause ed effetti, soprattutto in biologia e medicina (le scienze “molli”). Allora io dico che urge un chiarimento linguistico, perché la parola “scienza ” indica etimologicamente la “conoscenza”, il sapere… E invece non è affatto sapere né conoscenza, ma è semmai uno strumento, validissimo nei suoi limiti e anzi necessario per il nostro vivere, che ci torna utilissimo. Inoltre vorrei far notare anche qualcosa di più estremo ma a mio avviso calzante e ulteriormente “validante” il mio ragionamento con questa considerazione che pochi hanno forse il coraggio di contemplare, ovvero (anche con Severino): il fenomeno naturale che si trova coerente oggi con delle leggi elaborate della fisica e della chimica (et simili discipline), è tale solo fino a prova contraria, anche nel senso che domani o dopodomani potrebbe non essere più così, in altri termini ciò che ci appare necessario perché costantemente manifesto, potrebbe benissimo non esserlo, ed essere in effetti solo contingente. Infine la prospettiva umana e la sua osservazione è sempre soggettiva, e un insieme di osservazioni soggettive messe insieme può solo indicare qualcosa di oggettivo senza mai però ridurlo a oggettivazione, le scoperte stesse di Heisenberg addirittura evidenziano come il solo fatto di osservare particelle elementari ne modifica lo status e il comportamento. Per fortuna, e non per necessità, la natura ci si presenta come tendenzialmente regolare e organizzata, ma ci ricorda sempre che esiste un macrocosmo e un microcosmo, e che l’uomo non può superare certi limiti, anche ambientali, per rimanere in equilibrio e in armonia. All’uomo sembra essere stato dato però l’intelletto, che lo rende capace di intuizione, cosa diversa dalla comprensione. In questo senso si potrebbe paragonare la scienza non alla nostra casa, ma più che altro ad una bussola. : Altra cosa che fa la scienza è tagliare fuori tutto ciò che essa reputa inindagabile coi suoi strumenti, giustamente… Spesso però si dimentica o nom si rende conto che ciò che non riesce ad analizzare e spiegare ha delle grandi influenze anche e proprio sul suo oggetto di indagine.

Infatti l’approccio filosofico non pretende di “capire” tutto, ma di indicare anzitutto i limiti epistemologici e poi di intuire. Cioè la filosofia orienta e pone la scienza al suo posto legittimo e utilissimo. Il discorso è che la verità è indagabile ma non è contenibile, definibile, pertanto ben venga la ricerca sia scientifica che filosofica, ma sapere di non sapere rimane l’unica vera conoscenza definitiva.

Proprio per questo si può dire ad esempio che magari esiste un virus, ma non si potrà mai dimostrare scientificamente la correlazione di causa diretta e univoca tra questo virus e una patologia, perché questo è riduzionismo non scienza. I limiti di indagine della filosofia limitano insiemisticamente quelli della scienza, e non coincidono con questi ultimi Per questo motivo non è la scienza che guida la politica ma dovrebbe essere la politica a guidare sempre, servendosi della scienza ma in maniera etica.

Laddove la politica fosse saggia

Comunità del diritto

Il ruolo più nobile dell’insegnamento e della ricerca è quello di dedicare il proprio tempo o perfino la propria vita per qualcosa i cui benefici saranno goduti probabilmente o sicuramente solo dai posteri, tra cui ci sarà chi potrà a sua volta migliorare questo qualcosa con la stessa dedizione.

In risposta a Nino Galloni

Molto d’accordo, di fatti la crisi è uno stato di cose che purtroppo oltre ad essere intavolato ad hoc, rispecchia ed è conseguenza dell’azione guidata e spinta della maggioranza, le sue abitudini e attitudini culturali e spirituali. L’idea del libero mercato come regolatore automatico dell’economia, posto al di sopra di ogni principio politico era di per sé, fin dall’inizio una contraddizione a livello teorico, e poi anche nei fatti si è rivelata tale, la crescita smisurata del potere d’acquisto e di profitto di specifiche minoranze rispetto alla grave carenza di tante altre (che insieme fanno le maggioranze) ne rivela il difetto essenziale: non si preoccupa affatto di avvicinarsi neanche lontanamente a un gioco a somma zero, quindi la sua sregolatezza porta inevitabilmente all’absurdum. Per questo motivo la teoria dei giochi applicata all’economia, che diviene davvero libera laddove tutti hanno abbastanza da poter offrire singolarmente un effettivo miglioramento ulteriore (di qualsiasi tipo, in qualsiasi ambito, oltre al rendimento tecnologico vero e proprio) a mio avviso rappresenta teoricamente il miglior sostituto alla prima, nella misura in cui si capisce che il concetto di libertà è l’esatto opposto del liberismo. L’ego che diviene coscienza egoista e quindi malvagia passa attraverso la miseria consistente nel rallentamento del progresso fino ai genocidi volontari diretti o meno da guerre, lockdown, vaccinazioni, dallo spreco e dall’inquinamento e per sintetizzare dal gioco inevitabilmente sporco di chi si preoccupa solo di rimanere competitivo a ogni costo, finché può farlo sull’altra parte che si mantiene per lo più, per una ragione o per un’altra, una controparte mansueta e passiva. Fin dall’inizio le cose sarebbero potute andare diversamente, ma soprattutto oggi questa possibilità è più potente che mai, eppure da un lato ancora manca quel livello di proattività capace di concretizzare anche le più semplici alternative in tempi accettabili, dall’altro lato resiste e si rafforza il controllo e la distrazione mentale. Per certo il veicolo e la chiave per aprire le porte all’indipendenza e chiudere quelle dello schiavismo e del signoraggio consiste proprio nella moneta complementare, nel suo utilizzo e nella sua diffusione intelligente e organizzata ad esempio su modello auritiano, non necessariamente con crittografia digitale, esistono anche sistemi di crittografia fisici. Sul cambiamento climatico, non mi pronuncio più di tanto perché non ho alcuna certezza, però per quanto ne sappia l’attuale sembra solo essere una delle frequenti fasi verificatesi già nel passato, ed il fenomeno Thunberg è palesemente parallelo a quello dell’emergenza pantomimica… L’attenzione viene così spostata sul problema sbagliato perché quasi inesistente, quando invece avrebbe da con-centrarsi su domande e riflessioni quotidiane da cui poi poter riuscire facilmente ad arrivare ad analisi intellettualmente oneste come quella di Nino Galloni! Tuttavia ritengo sia importante indagare le ragioni dell’adesione alla degenerazione e del consenso all’alienazione fino alla ricerca più o meno consapevole dell’annientamento stesso del diritto in cambio del nulla di fatto. Risulta evidente che un grande circolo vizioso di molti circoli viziosi sia in corso “d’opera” e studiarne i punti deboli e quelli forti è utile per disinnescarlo. Per far questo bisogna agire su diversi fronti ma facendolo su tutti, senza tralasciarne neanche uno, perché da più parti smetta di correre il veleno del parassita, eppure ciascuno ha comunque un denominatore comune che secondo me consiste nell’origine, abbandonata a sé stessa, del senso di abbandono che prova l’essere umano nella sua condizione di essere umano.

Le mutande del regime

Dopo il fallimento delle dittature totalitarie basate sul mito dei miti, sul mito religioso, sul mito della supremazia della razza o di una nazione sulle altre, et simili, mancava ancora all’appello il fallimento di un totalitarismo fondato sul mito della scienza. Quando cadrà miseramente anche quest’ultimo, forse ci renderemo tutti conto che non esistono verità assolute, sebbene esistano verità universali.

A parla con b sulle origini dell’alfabeto

A: In quel sito ho trovato anche cose sulla sopravvivenza

B: Secondo te la base è la materia?

Cioè le fondamenta dell’essere umano…

Quale potrebbe essere l’ordine delle sue sfere?

Esiste una base su cui costruire o evolvere?

Un nucleo…

E che natura ha questo nucleo?

A: faccio un po’ fatica a interpretare quello che intendi

B: Queste persone spesso vorrebbero conservare la pelle a tutti i costi, ma perché?

Fanno come se la pelle fosse il bene più prezioso.

A: sisi, capisco benissimo.

B: E si preparano a conservarla, si preoccupano per così dire.

Ma così facendo non distolgono le energie da ciò che è veramente fondamentale?

A: concordo.

Io diciamo che reputo buono sapere un minimo di autodifesa per lo strettamente necessario,

ma non basarsi su quello. ovviamente

B: Cercano un pavimento, impiegano energie per proteggere quel pavimento.

A: chi lo fa è perché gli manca la visione olistica

B: Ma il pavimento vero quale è?

Dov’è che l’essere umano ha le sue radici? Nella terra o nel cielo?

A: eh…bella domanda, cioè qui si apre un portone

A: si dice siamo nel mondo ma non del mondo

B: Si dice così, però a me piace dire che siamo il mondo.

A: ma che cos’è il radicamento? radicamento a questo mondo o radicamento in una visione differente?

e allo stesso tempo ognuno di noi è un mondo, poi si parla di mondo interiore ecc

il pavimento, ma potrei dire che il pavimento è lo spirito

B: 👍 Pensa ora al cervello e alla sua configurazione.

Spesso si pensa che il cervello rettile sia il nucleo e che gli altri due cervelli siano le estensioni di questo nucleo; come degli strati ulteriori a ciò che verrebbe prima, che è primordiale.

Ma ora pensa alle nostre origini reali, ovvero al di là dello spazio e del tempo.

Cosa viene veramente prima? Il passato o il futuro?

A: cos’è prima se siamo fuori dallo spazio e dal tempo?

B: Appunto.

Se noi veniamo da dove il tempo non c’è, allora cosa viene prima in ciò dove il tempo esiste?

Quello che voglio dire è che non c’è realmente un prima e un dopo nell’ordine dei fenomeni.

Esiste invece un prima e un dopo solo nell’ordine delle azioni.

Infatti il tempo esiste solo per permettere la distanza tra una azione un’altra.

A: di fatto la linea temporale è formata da infiniti punti…

Alla distanza tra punto A e punto B gli attribuiamo un valore.

Ma su una linea infinita, quando vale effettivamente la distanza tra punto A e punto B,

il valore che noi possiamo attribuire è fittizio, un valore accordato diciamo. ma poi il tempo scorre diversamente a livello individuale. E quindi parliamo della linea temporale interiore.

B: Se pensiamo alla creazione, non possiamo ammettere l’evoluzionismo come teoria in sé e per sé, ma dovremmo considerare invece appunto l’incarnazione come teoria più valida.

Ergo l’uomo non sarebbe l’evoluzione della scimmia così come il mammifero non è più evoluto del rettile.

Certo, si parla infatti di durata, che è un concetto reale a differenza del tempo, ma è relativa perché soggettiva, il tempo oggettivo non esiste affatto.

Ma lo spirito entra nel corpo umano a partire dalla sua morte e ripercorre tutta la sua vita fino alla sua nascita.

Lo pneuma concepisce la neocorteccia prima ancora del sistema limbico e della amigdala.

A: eh???

😂

B: Ma senza amigdala e sistema limbico non poteva sostenersi la neocorteccia, allora ecco che si procede dall’esterno all’interno fino al nucleo pineale.

Il frutto nasce apparentemente dall’ingrossamento dell’ovario di un fiore, che nasce da un albero che nasce da un seme. Ma la vera origine quale è?

A: ecco esatto, stessa analogia con il discorso passato e presente.

B: L’origine ha qualcosa a che fare davvero con il seme o con quell’albero? O è fondamentalmente esterna per non dire addirittura estranea?

Quale è a questo punto il vero orientamento?

La luce non è solo la fonte di energia ma sostanzialmente può rappresentare la stessa origine ante-tempo di quel frutto stesso.

La luce si materializza in un gioco di dare e ricevere in cui il libero arbitrio dell’uomo consiste nella resistenza tra le polarità negativa e positiva.

Ciò che mantiene l’illuminazione ed evita che si fulmini la lampada.

L’universo è nato grazie alla resistenza.

Questo è il peccato originale.

A: la resistenza possiamo associarlo alla creazione?

B: La creazione di questo universo, si.

Ovvero, nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.

Ma questa trasformazione è così importante da sembrare una creazione effettivamente.

A: esattamente.

È vero. Diciamo che se parliamo di trasformazione, essa avviene a partire da una preesistente creazione

B:

Ciò che “riceveva” continuamente ha scelto di resistere rispetto a ciò che “dava” continuamente, e così è nato uno spazio in cui la luce si è frammentata nei famosi “sette cieli” i sette colori, le sette frequenze, il puzzle ha smesso di rimanere sempre completato e si è frantumato in moltissimi pezzettini, di modo che potesse essere ricomposto autonomamente dagli stessi pezzi.

Ma il concetto stesso di creazione perde di significato quando comprendiamo che la trasformazione è il passaggio da ciò che non aveva tempo a ciò che lo ha avuto.

Quindi la vera creazione è qualcosa di continuo… Di eterno, non ha un inizio né una fine evidentemente, perché non ha mai potuto fare a meno di sé stessa. Ha resistito e così siamo nati noi, grazie all’illuminazione che è diversa sia dalla tenebra sia dall’accecante fulmine.

Quello che ha voluto fare è stato resistere.

A: di fatto la trasformazione non è altro che creazione perpetua.

B:

Si ma questa creazione perpetua è anche perpetuabile.

Invece “prima” della trasformazione non c’era il tempo, quindi tutto era perpetuo ma non poteva essere perpetuato.

“prima” della trasformazione non era possibile nemmeno alcuna trasformazione, tranne una, che però avrebbe inevitabilmente comportato una riduzione dell’intensità.

Non è eterno ciò che non muore mai perché è già morto, non muore ciò che in eterno può attendere, resistere.

Nella resistenza risiede l’eternità, laddove esiste davvero, pur lasciando spazio a ciò che non è spaziale e lasciando tempo a ciò che non è temporale

La conoscenza del bene e del male, e la conoscenza della conoscenza del bene e del male, fanno di Dio l’uomo, e costituiscono la Trinità del padre del figlio e dello spirito.

Dio non può essere divino senza farsi uomo.

Se Dio è l’uomo, allora è vero anche il contrario?

Esercitare la scienza

Cosa è più pericoloso? Circolare e fare nuove esperienze nell’inevitabile prudenza o immergersi nell’abissale “sicurezza” della chiusura potendo così sfuggire perfino alla prudenza stessa, e presumere di studiarla solo teoricamente e applicarla volontariamente, secondo modalità sperimentali ma quasi mai esperienziali?

Denunciamo gli abusi dei politici, i magistrati risponderanno alla chiamata del vero sovrano: il popolo leso nei suoi diritti costituzionali

Il potere giudiziario dovrebbe contenere gli abusi del potere legislativo, rimettendo e contenendo la forza di legge dei decretini alla forza costituzionale. Tutto questo può succedere nella misura in cui lo stato, cioè gli italiani, sporgano denuncia e si oppongano. La legge quella vera vale per tutti, davanti a un giudice quindi anche un singolo essere umano può farla rivalere indipendentemente dal conformismo degenerativo delle masse manipolate e ignoranti